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REATO DI LESIONI PER IL CALCIATORE CHE COLPISCE UN AVVERSARIO CON UNA TESTATA A GIOCO FERMO


reato di lesioni personali

Con la sentenza n. 3144 del 23 gennaio 2019 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione relativa ai confini fra le condotte penalmente rilevanti e quelle coperte dal rischio sportivo consentito. I giudici della Quarta Sezione Penale hanno affermato il principio secondo cui l'utilità sociale dello sport diviene relativa e deve cedere il passo di fronte a condotte volontarie poste con modalità sproporzionate, gratuitamente aggressive e non finalizzate al risultato sportivo.


Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, l'imputato era stato tratto in giudizio perchè, durante una partita di calcetto, mentre era in procinto di battere una punizione, aveva colpito con una testata un giocatore avversario che si era posto davanti alla palla. L'aggressione era avvenuta "a gioco fermo" e, pertanto, tale condotta non può considerarsi scriminata dall'esimente del c.d. "rischio consentito" (come, invece, sostenevano i legali dell'imputato).


La Suprema Corte ha ritenuto non applicabile la suddetta scriminante, né tanto meno quelle dell'esercizio del diritto o del consenso dell'avente diritto, "qualora, come nella specie, nel corso di un incontro di calcio, l'imputato colpisca l'avversario con una testata al di fuori di un'azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva, considerato che nella disciplina calcistica l'azione di gioco è quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero da movimenti, anche senza palla, funzionali alle più efficaci strategie tattiche (blocco degli avversari, marcamenti, tagli in area ecc.) e non può ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell'incontro (Sez. 5, n. 42114 del 04/07/2011, B.,Rv. 251703; Sez. 5, n. 33275 del 28/03/2017, Sansica, Rv. 270498)".


Pertanto, mentre il gioco è fermo, non può assolutamente giustificarsi alcun fatto di aggressione, in quanto durante questa fase la tensione agonistica non può consentire il raggiungimento, di alcun risultato sportivo.


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Avv. Michele Margini

studiolegalemargini@gmail.com

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