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COVID-19: I RISCHI CIVILI E PENALI PER LE SOCIETÀ SPORTIVE E I GESTORI DI IMPIANTI


Con il lento e progressivo aumento dei contagi da covid-19, assume notevole rilevanza l'aspetto relativo agli eventuali profili di responsabilità civile e penale delle società sportive e dei gestori degli impianti (palestre, piscine e centri sportivi in generale), in caso di contagio nello svolgimento di attività sportiva.


Dal punto di vista penalistico, il rischio è quello di incorrere nei reati di omicidio o lesioni colpose, cagionate a causa del contagio da coronavirus. Ai sensi dell'art. 40 del codice penale, infatti, i gestori e i legali rappresentanti delle società sarebbero responsabili della condotta omissiva di non aver impedito un evento (morte o lesioni) che avevano l'obbligo giuridico di impedire. Nell'eventuale processo penale la responsabilità verrebbe accertata solo se fosse provato, oltre ogni ragionevole dubbio, l'elemento soggettivo della colpa (escludiamo a prescindere il dolo in quanto risulta assai improbabile che qualcuno voglia volontariamente contagiare un altro soggetto).


Per escludere qualsiasi profilo di responsabilità penale, la società sportiva o il gestore devono adottare le misure di prevenzione previste dal Decreto Legge 33/2020 (c.d. "Decreto Rilancio") e dalle varie ordinanze regionali, nonchè dai protocolli delle Federazioni di riferimento. Le società devono, inoltre, adottare un proprio protocollo di sicurezza sanitaria, curarne l'osservanza attraverso un idoneo sistema di vigilanza (anche attraverso la nomina di un "Covid manager") e assolvere gli obblighi informativi nei confronti degli utenti, attraverso l'installazione dell'apposita cartellonistica.


Dal punto di vista civilistico, in caso di richiesta risarcitoria da parte di un soggetto contagiato, è opportuno effettuare la seguente distinzione:

  • le società sportive rispondono con il proprio patrimonio delle obbligazioni assunte o dei crediti vantati da soggetti terzi. Presidente e dirigenti non rispondono col proprio patrimonio.

  • per le associazioni sportive, invece, il discorso è diverso: i creditori, a qualunque titolo, possono rivalersi sia sul patrimonio sociale che sul patrimonio del presidente (ed eventualmente dei soggetti che compongono l'organo direttivo), senza obbligo di preventiva escussione del patrimonio sociale.

Peraltro, è opportuno riportare quanto riportato dall'Inail in una nota del maggio scorso (applicabile anche al settore sportivo), in cui l'Istituto ha chiarito che non sussiste una connessione automatica fra tra il riconoscimento dell’origine professionale del contagio e la responsabilità del datore di lavoro, in quanto "i criteri applicati dall’Inail per l’erogazione delle prestazioni assicurative ai lavoratori che hanno contratto il virus sono totalmente diversi da quelli previsti in sede penale e civile, dove è sempre necessario dimostrare il dolo o la colpa per il mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza".


L'Inail ha altresì puntualizzato che "il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso".


Infine, l'Istituto ha in un certo senso tranquillizzato i datori di lavoro, affermando che in effetti "la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all'andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro".


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Avv. Michele Margini

studiolegalemargini@gmail.com

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