Salvo ulteriori proroghe, la nuova disciplina dei rapporti di lavoro sportivo troverà applicazione a partire dal 01 gennaio 2023. La riforma prevede l’abrogazione della collaborazione sportiva e l’inquadramento nelle ordinarie forme di lavoro (subordinato, autonomo, co.co.co.) delle prestazioni rese in ambito sportivo a fronte di un corrispettivo.
Per effetto della riforma, gli attuali rapporti di collaborazione sportiva verranno dunque “convertiti” in rapporti di lavoro e i collaboratori diventeranno lavoratori a tutti gli effetti. Con la precisazione, tuttavia, che sotto la soglia dei 5.000 euro percepiti a titolo di compenso, il lavoratore non dovrà versare contributi di alcun tipo e, pertanto, è ragionevole pensare che non potrà beneficiare delle ordinarie tutele assistenziali.
Il decreto correttivo al D.lgs. 36/2021, in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, introduce, tra le altre, una disposizione secondo cui, per i rapporti di lavoro sportivo iniziati prima dell’effettiva entrata in vigore della riforma (al momento, 01 gennaio 2023) e inquadrati come collaborazioni sportive, “non si dà luogo a recupero contributivo” (art. 35, comma 8-quater, D.lgs. 36/2021).
Tale norma, introducendo una sorta di clausola di salvaguardia per il passato, pare costituire un compromesso fra la necessità di riconoscimento giuridico dei lavoratori sportivi e l’esigenza, per le società sportive, di non subire azioni e/o accertamenti per il passato, soprattutto con riferimento alle prestazioni sportive dei collaboratori che svolgono l’attività sportiva in maniera professionale.
Com’è noto, infatti, la giurisprudenza di legittimità è ormai pacifica nel considerare inapplicabile la disciplina dei compensi sportivi ai soggetti che esercitano l’attività in maniera professionale, ancorché non esclusiva, in un settore formalmente dilettantistico.
Chi scrive ritiene che la clausola di salvaguardia introdotta dal correttivo si applicherà, nei confronti degli organi ispettivi e di tutti i lavoratori interessati, ai rapporti che, senza soluzione di continuità, da collaborazioni “diventeranno” rapporti di lavoro, avendo sempre ad oggetto la medesima prestazione che, con l’entrata in vigore della riforma, cambierà semplicemente la sua “veste” giuridica.
Più perplessità suscita, invece, l’applicazione di tale clausola nei confronti dei rapporti terminati prima del 01 gennaio 2023, poiché la norma cita solamente i rapporti “iniziati” prima di tale termine, ma non accenna a quelli “cessati” prima di tale data. In ogni caso, sul punto occorreranno indicazioni specifiche da parte degli organi competenti.
Certo è che, con l’abolizione della collaborazione sportiva, cesseranno gli accertamenti e le vertenze aventi ad oggetto la non corretta applicazione di tale istituto, la riconversione del rapporto, il recupero dei contributi non versati e delle differenze retributive. Vertenze che, peraltro, nei fatti vengono intraprese solamente a rapporto cessato o quando non vi sia comunque interesse alla prosecuzione della collaborazione.
È, altresì, probabile che l’attività ispettiva e il contenzioso si spostino su un altro piano, come accade per gli altri settori del diritto del lavoro, in cui non sono affatto rare le azioni finalizzate ad accertare il non corretto inquadramento della fattispecie e a richiedere la riconversione del rapporto, in ossequio al principio generale di indisponibilità, per le parti, della tipologia contrattuale in concreto applicabile.
Avv. Michele Margini
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